Lo scorso 25 gennaio abbiamo presentato a Bologna, in collaborazione con il nostro Socio Ex Aequo (che ringraziamo!), la nostra ultima recente pubblicazione monotematica: Imprese e sostenibilità, il cammino verso il dovere di diligenza. Un Quaderno (tutti i nostri Quaderni sono liberamente scaricabili nella sezione dedicata del sito) che ha lo scopo di informare e contribuire a renderci più consapevoli, un primo passo per agire. Uno sforzo collettivo che non sarebbe stato possibile senza il prezioso contributo delle organizzazioni aderenti a Impresa2030 – Diamoci una regolata!, la campagna nazionale – a cui anche Equo Garantito aderisce – che ha l’obiettivo di fare pressione sulle istituzioni nazionali ed europee affinché sia emanata una direttiva che imponga alle imprese il rispetto dei diritti umani e dell’ambiente, in tutti i passaggi della loro filiera.
È un tema di non facile appeal, che certamente non smuove masse ma che – lo stiamo ripetendo da mesi – potrebbe portarci ad un cambiamento epocale nell’approccio al modo di fare impresa.
In un interessante articolo pubblicato su L’Eurispes.it si analizza il quadro normativo sempre più complesso delle nuove regole europee in materia di imprese e sviluppo. Si legge nell’articolo che, “se analizzato nel suo insieme, rende evidente la svolta verso un nuovo paradigma di sviluppo. […] conferma e rafforza una strategia europea che segue una propria interpretazione del mondo in evoluzione e soprattutto segna un momento di discontinuità rispetto al passato; probabilmente, per dimensioni ed impatto, il cambiamento più radicale dalla prima rivoluzione industriale”.
Un percorso verso la trasparenza
L’analisi di questa evoluzione normativa evidenzia come si stia cercando, da un lato, di regolare non sole le “azioni” ma, in particolare, la loro “trasparenza” poiché le imprese sono (saranno) sempre più chiamate a misurare e dar conto dell’impatto sociale e ambientale del loro operare. E’ chiaro che (finalmente) l’idea è quella che una transizione giusta e sostenibile si debba fare con la partecipazione di tutti, aziende comprese, ognuno facendo la propria parte.
È altrettanto vero che questi processi – di per sé complessi e non immediatamente riscontrabili in termini di effetti a breve-medio termine – sono altresì fonte di notevole confusione: basta fare la raccolta differenziata in ufficio per potersi dichiarare green? E’ sufficiente un bilancio sociale in cui si racconta di aver sostenuto un progetto in Africa per dimostrare di essere socialmente responsabili? E come si fa realmente a conciliare il pensiero di chi sente l’urgenza di un cambiamento del sistema economico e sociale e chi, magari con le stesse buone intenzioni, teme di non riuscire a far quadrare i conti di un’azienda già forse in difficoltà?
Vi lasciamo alla lettura completa dell’articolo per le conclusioni e sottolineiamo qui solo un ultimo elemento di riflessione, rimandandovi alle preoccupazioni espresse da Giorgia Ceccarelli (policy advisor su diritti umani e imprese di Oxfam Italia, una delle organizzazioni promotrici di Impresa2030) su Il Fatto Quotidiano che facciamo nostre: la sostenibilità non è “solo” un valore etico, il tracciato verso un’impresa responsabile è chiaro, ma sta anche a ciascuno di noi – attraverso scelte quotidiane di consumo e di consapevolezza – fare in modo che gli ostacoli lungo questa lunga strada siano superati, per continuare a dar voce a chi questa voce non ce l’ha.